Il tribunale del popolo di Pudong New Area, nel centro finanziario di Shanghai, ha condannato a quattro anni di carcereZhang Zhan, una ex avvocato, con l'accusa di aver diffuso informazioni false, rilasciato interviste a media stranieri, disturbato l'ordine pubblico e "manipolato maliziosamente" le notizie riguardo l'epidemia scoppiata a Wuhan.
Al tempo in cui si parlava di "polmonite misteriosa", Zhang ha pubblicato alcuni reportage attraverso piattaforme come WeChat, Twitter e YouTube facendosi notare perché è stata tra i primi a dire che qualcosa non andava nella gestione della lotta al virus: «Il governo – ha raccontato – non ha fornito alla gente informazioni sufficienti, ha semplicemente bloccato la città, commettendo una grave violazione dei diritti umani».
Dopo Zhang verranno processati altri 3 citizen journalists - Chen Qiushi, Fang Bin e Li Zehua - detenuti dalle autorità all'inizio dell'anno per aver coperto gli eventi di Wuhan.
Il Partito Comunista Cinese al governo controlla strettamente i media e cerca di bloccare la diffusione di informazioni di cui non ha approvato il rilascio.
Nei primi giorni dell'epidemia, le autorità hanno rimproverato diversi medici di Wuhan per "diffusione di voci" dopo aver allertato gli amici sui social media.
Il più noto tra questi, Li Wenliang, oculista all'ospedale centrale di Wuhan, fu uno dei primi medici a riconoscere la pericolosità della polmonite di Wuhan, lanciando l'allarme sul virus il 30 dicembre 2019. Per questo è stato interrogato e accusato di diffondere notizie false e allarmistiche dalla polizia.
Li ha poi contratto il virus da un paziente infetto. È morto per le complicazioni dell'infezione il 7 febbraio 2020 all'età di 33 anni. Il 2 aprile è stato dichiarato martire ed eroe nazionale.
Oggi migliaia di persone si “riuniscono” quotidianamente sotto al suo ultimo post sul social network cinese Weibo: lasciano commenti e cercano conforto, come se si trovassero, scrive il New York Times, di fronte al Muro del pianto.
16 Settembre 2020
La dottoressa Li-Meng Yan, virologa cinese fuggita negli Stati Uniti, intervistata da Tucker Carlson di Fox News, racconta senza dubbi o esitazioni che il virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia attualmente in corso, è stato creato al Wuhan Istitute of Virology.
"Ho studiato il genoma del Sars Cov 2 e quel corredo cellulare non esiste in natura. È molto simile a un virus in possesso di un laboratorio di ricerca militare, un Sars-like-Cov isolato anni fa, chiamato Zc45/Zxc21″.
“Nel mio studio spiego in modo dettagliato la procedura seguita dal Wuhan Institute of Virology per modificare tale coronavirus. Alcune parti sono state aggiunte, scambiate, modificate”, dice, con l’obiettivo di “farlo sembrare un virus nuovo”.
"Il Sars-Cov-2 è il prodotto di una manipolazione genetica".
Li-Meng Yan sostiene di avere informazioni riservate grazie al suo ruolo presso il Centro per il Controllo delle Malattie (CDC) di Hong Kong, che però smentisce le sue affermazioni, e di poter dimostrare con prove scientifiche inequivocabili che il virus è frutto di una manipolazione, che arrivano con la pubbliczione dell'rticolo "Unusual Features of the SARS-CoV-2 Genome Suggesting Sophisticated Laboratory Modification Rather Than Natural Evolution and Delineation of Its Probable Synthetic Route".
L'articolo è pubblicato da quattro autori affiliati non a un istituto di ricerca ma alla "Rule of Law Society & Rule of Law Foundation”, due enti che non hanno interesse in campo scientifico ma politico e che fanno capo a Steve Bannon, personaggio di spicco dell'ultradestra americana, ex consigliere di Donald Trump, e a Guo Wengui, miliardario cinese in esilio (o in fuga) molto vicino a Donald Trump.
Li-Meng Yan è stata anche ospite del podcast di Steve Bannon "War Room: Pandemic" sulla sua TV.
Inoltre, l’articolo non è stato pubblicato su una rivista scientifica ma su Zenodo, una piattaforma di condivisione di dati, risultati e anche articoli scientifici open access. Non c'è controllo o revisione dei contenuti come è prassi per gli articoli scientifici.
Intervistata da Tucker Carlson di Fox News la dott.ssa Yan aggiunge: “Anche il mondo scientifico tace, lavora insieme al Partito Comunista Cinese, non vogliono che la gente sappia la verità".
"Ecco perché vengo sospesa, vengo soppressa, sono l'obiettivo che il Partito Comunista Cinese vuole far scomparire".
L'intervista è stata caricata sulla pagina Facebook di Tucker Carlson Tonight, ma il sito di social media l'ha etichettata scrivendo: "Le informazioni principali sono di fatto imprecise".
Facebook si è collegato a tre storie pubblicate da Factcheck.org e USA Today per sfatare le affermazioni della dottoressa Yan secondo cui il virus è stato prodotto in laboratorio.
Il 17 settembre 2020 Twitter sospende l'account di Li-Meng Yan con più di 60.000 followers
L'Università di Hong Kong contesta i risultati dello studio: “Le dichiarazioni della dottoressa Yan non hanno basi scientifiche ma assomigliano più a dicerie".
La condanna di Zhang Zhan segue di poco l'annuncio dell'arrivo in Cina del team internazionale di esperti dell'Orgizzazione Mondile della Sanità (World Health Organization) per indagare sulle origini del Covid-19.
Un team formato da una quindicina di esperti internazionali arriverà in Cina a gennaio e lavorerà, spalla a spalla, con gli scienziati cinesi. L’obiettivo principale degli inviati è rispondere a quante più domande possibili in merito al coronavirus.
Il virus è nato effettivamente a Wuhan? L’agente patogeno circolava in Cina ben prima dei casi rilevati nel dicembre 2019? E ancora: qual è l’animale vettore attraverso il quale il Sars-CoV-2 ha effettuato il famigerato salto di specie?
L’OMS atterrerà nello Hubei, la dove sorge la megalopoli di Wuhan. Il team passerà in rassegna tutti i campioni medici raccolti in loco e i raggi X riguardanti i casi collegati al primo focolaio, quello riscontrato nel mercato ittico di Huanan.
Gli esperti, che partiranno dopo Capodanno e resteranno in Cina per sei settimane, comprese le due di quarantena, preleveranno inoltre campionida pipistrelli e altri animali selvatici.
Stabilire l’origine del virus sarà come cercare un ago in un pagliaio. Una possibile traccia potrebbe arrivare da un agente patogeno simile alla Sars-CoV-2 rinvenuto in una particolare specie di pipistrello.
Una delle virologhe più famose della Cina, che da 16 anni visita le grotte più oscure del suo Paese a caccia di virus mortali contenuti in questi animali.
Shi Zhengli, la virologa cinese alla guida dell’istituto di virologia di Wuhan che da 16 anni visita le grotte più oscure del suo Paese a caccia di virus mortali contenuti in questi animali, il 21 dicembre ha rilasciato un’interessante intervista alla BBC.
La "bat woman" ha invitato il team dell’OMS a visitare la struttura da lei diretta e dalla quale, a detta dei complottisti, sarebbe fuoriuscito il Covid. “Saranno i benvenuti”, ha rassicurato Miss Shi.
In realtà ogni singolo passo dell’Oms in terra cinese sarà seguito, monitorato e autorizzato dalle autorità di Pechino. È per questo che alcuni hanno messo in dubbio l’indipendenza del team, formato, tra gli altri, anche dal professorPeter Daszak, in passato impegnato a lavorare in un progetto con Miss Shi e il laboratorio di Wuhan.
Daszak ha dichiarato: "L’OMS ha negoziato i termini della missione e ci hanno detto di seguire le prove, ed è ciò che faremo”.
Gli esperti potranno accedere al mercato del pesce della città dove, secondo la narrazione ufficiale, sarebbero avvenuti i primi contagi. Anche se, negli ultimi mesi, la Cina ha messo in discussione che quello fosse il vero epicentro della pandemia.
Il 10 dicembre, il giorno dopo la diffusione dello studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano, secondo cui tracce di coronavirus sarebbero state trovate sul tampone fatto a un bambino milanese ammalatosi il 21 novembre, i media di regime cinesi hanno dato ampio risalto alla notizia.
È stata ripresa dal telegiornale della tv di Stato, la CCTV, da media di regime come il Global Times, nell’edizione in mandarino, o il National Business Daily, e ha circolato ampiamente sui social.
Il Global Times, media nazionalista in prima linea, ha chiesto che l’area in cui è stato rivelato il caso italiano, quindi la Lombardia, venga inserita nell’indagine dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulle origini del patogeno, al pari di Wuhan e dello Hubei.
New York, 19 Dicembre 2020
Il New York Times e ProPublica pubblicano l’inchiesta "No ‘Negative’ News: How China Censored the Coronavirus" che rivela il sofisticato funzionamento dell’apparato censorio cinese.
Si basa su una gran mole di documenti (3.200 direttive, 1.800 relazioni) rubati da un gruppo di hacker chiamatoC.C.P. Unmaskeddall’ufficio dellaCyberspace Administration of China(CAC), l’agenzia cinese che si occupa della regolamentazione di internet ad Hangzhou, una città di dieci milioni di abitanti nell’est del paese, non lontano da Shanghai.
Gli hacker hanno anche ottenuto documenti e informazioni su Urun Big Data Services, una società che produce software usato dalle amministrazioni cinesi per controllare le conversazioni su internet e manipolare il discorso online.
La Cyberspace Administration of China (CAC) è un’agenzia creata nel 2014 dal presidente cinese Xi Jinping con l’obiettivo di centralizzare tutte le attività di censura e propaganda online. L’agenzia riferisce direttamente al Comitato centrale del Partito Comunista, uno degli organi più importanti dello stato, e ha uffici diffusi in maniera capillare in tutto il paese.
A partire dall’inizio di gennaio del 2020 e per i mesi successivi, l’ufficio ad Hangzhou cominciò a occuparsi ininterrottamente della crisi nazionale provocata dal coronavirus.
Per esempio, una direttiva centrale della CAC impose a tutti i mezzi di comunicazione di utilizzare soltanto materiale ufficiale per la comunicazione del nuovo virus, e di evitare paragoni con la SARS, che aveva provocato un’epidemia molto grave nel 2002.
All’inizio di febbraio, mentre il virus continuava a diffondersi, il governo centrale ordinò una restrizione ulteriore della comunicazione online, e la CAC cominciò a inviare direttive molto rigide su quali contenuti potessero mostrare i siti di news, su come dovessero essere composte le homepage e perfino su quanto tempo ciascun articolo potesse rimanere online e a quali titoli dare evidenza.
Tra gli ordini più importanti quello di limitare la percezione del pericolo dell’epidemia, evitando per esempio di usare aggettivi come «letale».
Il problema più grande per i censori di stato è sorto dopo la morte di Li Wenliang, divenuto un vero e proprio martire della censura cinese.
Nei documenti ottenuti da New York Times e ProPublica si legge che per i censori cinesi la morte di Li ha costituito «una sfida senza precedenti».
Hanno inviato numerose direttive per regolare il discorso online e contenere la rabbia, consentendo le dimostrazioni di affetto e commiato ma eliminando tutti i contenuti che avrebbero potuto «sobillare l’opinione pubblica».
Nei giorni successivi alla morte di Li, moltissime manifestazioni di cordoglio online cominciarono a sparire, e al tempo stesso la polizia arrestò o minacciò gli utenti che avevano postato i commenti più critici o pericolosi. I media inoltre furono istruiti a esaltare gli atti eroici dei medici e del resto del personale sanitario iscritti al Partito Comunista.
Il governo cinese utilizza da anni (in Occidente se n’è cominciato a parlare attorno al 2008-2009) enormi quantità di persone per controllare e manipolare il discorso online: questi funzionari sono chiamati wumao, che significa 50 centesimi, perché inizialmente venivano pagati 50 centesimi di yuan (al cambio attuale circa 6 centesimi di euro) per ciascun commento positivo.
Quanto questo sistema sia sofisticato lo mostrano anche i documenti trafugati alla società Urun, che produce software che consentono di automatizzare molti processi legati alla censura e alla propaganda. Un software creato da Urun, per esempio, consente di monitorare i trend online e di gestire in massa gli account falsi sui social media per diffondere la propaganda.
Urun ha sviluppato anche un’app che i commentatori possono scaricare per lavorare con lo smartphone, oltre che una specie di gioco per vedere quali commentatori sono più efficaci nel loro lavoro di propaganda.
Paul Mozur, uno dei giornalisti del New York Times che si sono occupati dell’inchiesta, vive in Cina e come corrispondente si occupa da anni di internet, di censura e di propaganda.
Mozur ha fatto notare, su Twitter, che il regime cinese è riuscito nel suo intento: Li Wenliang è praticamente dimenticato e attorno alla gestione della crisi da parte del governo cinese si è creato un consenso molto positivo tra la cittadinanza, dato che le misure severe adottate dopo il primo lockdown cinese sono riuscite a evitare un ritorno del contagio nel paese.
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